Io non scrivo due righe da un sacco di tempo. Mai stata brava. Io manco me li ricordo, dei pensieri miei buttati giù, scritti. Una lettera al moroso militare, mi sa, e neanche era una gran lettera.
Il fatto è che urino di continuo, ho vuoti di memoria, tosse insistente, un’anca di plastica, la pressione alta, e così a spanne mi manca poco per un ictus.
E devo mettere giù chiara una cosa, prima. Mi spiego. Ieri mattina è venuta mia nipote Olga, le toccava il turno di riposo dopo due notti in pattuglia. È poliziotta, mia nipote. Ed è venuta a trovare me.
Mi ha fissato delle forcine sui capelli, appena dietro alle orecchie, mi ha allacciato quell’affare lungo e stretto, di metallo, quella che fissi la fibbia perché non cada la gonna, come si chiama, che non mi viene, vabbè.
Mi ha infilato il paltò, ho bisogno di aiuto per via della spalla, e mi ha legato un foulard, sul tetto tira aria. Perché quando Olga viene a Villa Oleandra mi porta di nascosto sulla terrazza del tetto. Sa far le cose, Olga. Mi porta su con l’ascensore, e mi passa da fumare. Una sigaretta sola, mica di più, fumata lenta e controvento. Olga fuma tre volte, controvento anche lei. Poi scendiamo perché sappiamo i controlli. L’addetta al pranzo comincia a girare con la minestra, e l’infermiere del mio piano, un siciliano che di nome fa Salvatore o Vito chiede: «Manca la vecchia Giusì con sua nipote, ma dove minchia vanno, ogni volta?» Continua a leggere →