Quell’estate andammo a Senigallia da mia nonna, tutti insieme con due macchine. Noi con la Ypsilon 10, i cugini e gli zii con la Passat. A dire il vero mio padre ci raggiunse solo l’ultima settimana con la Golf, perché la settimana in cui tutti avevamo deciso di partire, lui lavorava ancora. Ci rimasi male quando venni a sapere che non sarebbe sceso con noi subito. Di solito ci fermavamo all’Autogrill per comprare la borraccia della CocaCola. Bastavano un coupon che si trovava dentro Topolino, e diecimila lire – col passare del tempo quindici – per avere una borraccia di plastica enorme, ogni estate più grande, ingegnosa e ingombrante. Mia madre non era una da borracce: aveva il terrore di guidare in autostrada e centellinava le soste per tenere a bada l’ansia da ripartenza. Michela Hakkinen, l’aveva soprannominata mio fratello. A Senigallia alloggiavamo all’Hotel Excelsior, dove mia nonna aveva stretto amicizie con moltissime signore, soprattutto fiorentine. Avevamo stanze separate noi, i cugini e mia nonna, ma ogni tanto scendevo a dormire da lei, per stare alla larga da Michela Hakkinen e da suo figlio, e riposarmi nel suo letto fresco che odorava di lycra e Bilboa. L’episodio del balordo risale a una di quelle notti e insieme alla storia della villetta di Cogne, quello del balordo è un evento che la mia mente richiama in primo piano ogni volta che ha a che fare con delle porte. Continua a leggere
•
racconto
L’episodio del balordo
scritto da
Carolina Crespi