Attonita

scritto da Monica Pace

La prima volta che è successo non la smettevi più di passare lo straccio per terra, sembravi diventata sorda ai richiami di tua figlia e ripetevi con ostinazione meccanica il gesto antico, avanti e indietro sulle mattonelle del soggiorno già lucide. Alla fine ti ha strappato lo spazzolone dalle mani e ti ha guardata negli occhi comprendendo che qualcosa non andava, che non eri tu. Era una crisi più profonda del solito, non una di quelle che eri abituata a combattere con le caramelle che portavi sempre nel borsellino, o di quelle che sapevi ormai anticipare con una variazione nel dosaggio delle piccole iniezioni ripetute giorno dopo giorno. Non l’avevi sentita arrivare; nemmeno tu avevi riconosciuto l’attacco repentino della bestia che giorno per giorno ti divorava. Continua a leggere

Uovo alla coque [Ricettario]

scritto da Marta Cai

Questa mattina ho saldato l’ultima cartella di Equitalia, ho riacquistato il diritto di vivere in queste due stanze con le pareti spoglie dei miei quadri venduti, senza tappeti, senza gioielli, più bagno, orribile. Ah che fortuna, dicono, essere a posto con la coscienza e pagare, pagare tutto, pagare in sovrabbondanza: tasse che secondo il commercialista non erano da pagare e invece con la mora le devi pagare, ragazza mia, e subito, e se non puoi vendi l’appartamento e vai a vivere affanculo, non hai parenti? No. Non hai amici? No. E allora vai a vivere da nessuna parte, venditi le borse e le minchiate che hai fatto e paga, paga vecchia ciabatta, altrimenti qui ci vado di mezzo anch’io, commercialista già stimato e ancora in ascesa, astro nascente. Continua a leggere

Un attimo di delusione [Ricettario]

scritto da Carmine Bussone

1 litro di latte
400 grammi di zucchero
120 grammi di semola
150 grammi di burro
Vaniglia
Buccia grattugiata di un limone e di un’arancia
8 uova intere
Un pizzico di sale

Vi dirò. Non mi sentivo così deluso da quando mi dissero che dovevo andare a cantare in un locale a Londra. Un giorno vengono da me e mi dicono che ci sono delle persone in Inghilterra che vogliono sentirlo assolutamente, questo ragazzo che canta e allora devo andare a Londra. Per tre giorni non solo non dormii un solo minuto, ma infilavo in qualsiasi conversazione il fatto che sarei dovuto andare a Londra. Non avevo nemmeno avuto il tempo di prendere la patente ma mi sentivo come se avessi vinto tutto quello che c’era da vincere. Fu mentre ero in fila all’aeroporto, in piedi, imbambolato fra persone che non mi conoscevano, che mi prese quella malinconia stretta, quella che si incanala nei polmoni e resta lì appoggiata. Quel fastidio sovrastò il fatto di essere in un aeroporto. Un luogo che anche se da casa mia era distante uno sputo, avevo sempre considerato una cattedrale di una religione nella quale quelli come me non erano ammessi.
Giggino il Malanima, quello che – con molta bontà – ora definirei come il mio impresario, ma che allora era la persona che si metteva d’accordo con i proprietari dei ristoranti e mi dava i passaggi in macchina, mi aveva portato la valigia all’ingresso perché io quella mattina venivo direttamente da un matrimonio a Trecase. Continua a leggere

La ragazza che mi piace ha due piedi [Ricettario]

scritto da Cristian Marmo

La ragazza che mi piace ha due piedi e conosce a memoria la ricetta della pastiera. La prima volta che l’ho incontrata mi ha spiegato per filo e per segno da dove cominciare. «Per la pasta frolla bisogna creare la forma di una fontana con la farina« muoveva le mani imitando i gesti uno ad uno. «Poi si aggiunge lo strutto, il burro, lo zucchero, un uovo, un pizzico di sale, il miele, il latte e le scorze di arancia e di limone e si comincia ad impastare.»
Mentre lo racconto ad Ahmed lui non sembra particolarmente colpito. «Mia madre ricorda centinaia di ricette senza bisogno di leggere nulla. E poi è abbastanza normale che una ragazza abbia due piedi, non pensi? Il fatto è che quando vuoi scoparti una tu ti sorprendi di cose normalissime.»
A dirla tutta non sono affatto d’accordo con lui, ma per provare a convincerlo gliene sparo una delle mie. «Sì, ma nella pastiera lei ci mette la marijuana» gli faccio io aggiungendoci un occhiolino. «Impossibile» ribatte dopo averci pensato seriamente un po’ su, «la pastiera è una ricetta tradizionale, se è del sud è difficile che cambi gli ingredienti originali. Voi napoletani ci tenete a certe cose, un po’ come noi marocchini. E poi a te non piacciono le ragazze che fumano erba.» Continua a leggere

Baccalà [Ricettario]

scritto da Giulia Binando Melis

Per il baccalà con gli asparagi
400 g di baccalà
1 cipolla bianca grande
1 spicchio d’aglio
Farina bianca
2 asparagi
olio extravergine d’oliva
sale
pepe
petali eduli
Per la salsa verde
120 g di prezzemolo
2 spicchi di aglio
2 tuorli
80 g di pane raffermo (solo la mollica)
50 ml di aceto di vino bianco
3 filetti di acciughe sott’olio

Due asparagi molli. Due asparagi stanchi e impigriti dall’acqua di cottura. Lunghi accasciati sulla porcellana del piatto, salati come naufraghi. Le punte zuppe e inoffensive, mazze ferrate in gomma sgonfia, e niente battaglia, neanche per gioco, qui si ci si sfà e a momenti vien voglia di ringraziare quando romba dall’alto l’interno di un naso che tira su muco, raschia fino in gola e quando è fiero del pacchettino lo passa alla bocca e quella sputa. Incolla gli asparagi, inseparabile coppia, più lucida adesso, quasi più tonica, forse meglio presentabile se qualcuno avesse l’accortezza di spalmare quel grumo uniformemente facendola tutta brillante.
«Chi è la testa di cazzo che ti ha fatto entrare qui?» dice il cuoco.
«Lei, chef» dice l’altro. Continua a leggere

Ceci d’estate [Ricettario]

scritto da Laura Nicchiarelli

4 spicchi d’aglio
300g di ceci
Un gambo di sedano
Una carota
Due rami di rosmarino
Una tazza di brodo

Un grappolo di pomodori tondi ramati maturi
Un peperone rosso
Un cetriolo
Mezza cipolla rossa
Due cucchiai di aceto
Tre cucchiai di olio extra vergine
Sale, pepe

Sei gamberoni del Mediterraneo
limone

Vera scola i ceci dall’acqua di ammollo per metterli a cuocere.
Butta nella pentola anche due spicchi d’aglio, senza sbucciarli, e un ramo di rosmarino strappato dalla pianta sul davanzale.
Jacopo è appena apparso sulla porta d’ingresso.
«Ah, ci sei!»
Poggia lo zaino sulla poltrona gialla e si leva le scarpe con un grugnito di sollievo. Due chiazze simmetriche si vanno formando sul cotone della camicia, a livello dei pettorali.
«A questo punto potremmo raggiungere Franca e Michael.» Continua a leggere

Fondali [Ricettario]

scritto da Stefania Maruelli

La prima volta, un giovedì sera, Lidia aveva bevuto le gocce e si era infilata nel letto dimenticando di spegnere le luci. Al risveglio aveva trovato la casa illuminata in modo innaturale. Le era sembrato tutto troppo giallo. Era gialla la porta del bagno, erano gialle le pareti del corridoio, era giallo il suo riflesso nella finestra in cucina. Quando aveva capito, era corsa per le stanze a spegnere gli interruttori; quindi aveva iniziato la giornata: un bagno caldo al mughetto, una tazzina di caffè con due fette tostate, un salto alla Coop del quartiere. Aveva fatto tutto come sempre, solo non riusciva a ricordarsi di aver preso le gocce prima del solito giro di controllo della casa. Le sembrava anche di avere sognato, ma non avrebbe saputo dire cosa. I sogni non la raggiungevano mai.
La seconda volta, un venerdì, aveva scordato di chiudere a chiave la porta di casa. Se ne era accorta al mattino – molto dopo il bagno al mughetto e il primo caffè –, quando era scesa in cortile a buttare la spazzatura. Si era fermata a salutare il portiere col sospetto confuso che potesse essere entrato in casa durante la notte a cambiare di posto ai suoi oggetti come cambiava di posto alla begonia e ai cassonetti della raccolta differenziata. Ma lui sembrava tranquillo – il solito cenno del capo, il solito sguardo annacquato – e forse era stata lei a spostare il vaso di peonie all’ingresso. Le comprava da maggio a luglio, era un piccolo lusso che si concedeva d’estate. Suo padre le amava; gli altri fiori li vendeva e basta. Da bambina, Lidia passava i suoi pomeriggi in negozio: le piaceva aiutarlo, le piaceva infilare le dita nelle spugne idrofile, tirarle fuori e vedere che i polpastrelli erano verdi, le piaceva studiare nella stanzetta sul retro. Verso le sei, chiudeva i quaderni e andava di là, ogni sera portavano un fiore diverso alla madre. Non era un momento triste, serviva a scandire i giorni. Dopo andavano insieme alla Coop, di sabato al cinema. Continua a leggere

Una lasagna inutile [Ricettario]

scritto da Mattia Grigolo

Carne bovina (trita di manzo, macinata grossa e mista) 300 g
Pancetta 150 g
Carote 50 g
Sedano 50 g
Cipolle dorate 50 g
Vino rosso 100 g
Passata di pomodoro 300 g
Brodo vegetale q.b.
Olio extravergine d’oliva 1 cucchiaio
Sale fino q.b.
Pepe nero q.b.
Burro 70 g
Farina 00 70 g
Latte intero 1 l
Sale fino q.b.
Noce moscata q.b.

Aveva tentato il suicidio, ma senza una vera convinzione, era più una richiesta di attenzioni. Aveva aspettato che una di noi rientrasse dal lavoro per ingerire le pillole. Aspettava me, in realtà, perché delle coinquiline non si interessava granché. Talvolta si dimenticava che abitassero il nostro stesso appartamento e allora si spaventava incontrandole per il corridoio o in cucina.
«Chi è quella?» mi chiedeva.
«Titì, è Annette. Vive qui con la sorella da un anno e mezzo» le rispondevo. Continua a leggere

Long Island [Ricettario]

scritto da Marianna Crasto

15 ml di tequila
15 ml di gin
15 ml di triple sec
15 ml di rum bianco
15 ml vodka
25 ml di succo di limone
3 ml di sciroppo di zucchero
Coca Cola
una fettina di limone per la guarnizione
ghiaccio

ma non si capisce se va messo solo nel bicchiere o solo nello shaker o sia nel bicchiere che nello shaker, o forse sono io che non riesco a capirlo. Penso che Cristiana possa aiutarmi, ma nel passarle il telefono il braccio oscilla lungo una traiettoria strana. Siamo in questa posizione da troppo tempo e l’idea del movimento e la sua realizzazione non coincidono, infatti pure lei sbaglia, afferra l’aria un paio di volte prima di riuscire a prenderlo. La posizione: sedute al contrario sul lettino di ferro battuto. Quattro talloni contro la parete, due busti sul materasso, due teste che ciondolano oltre il bordo arrugginito e come slogate dalla colonna vertebrale. Un incidente stradale. L’insolazione che abbiamo quasi certamente preso scorre in un brivido tra la pelle e la carne: le nostre cosce sono insieme fredde e bollenti, io sento le sue, lei sente le mie e questa percezione oltre i limitati confini di ciascuna è la qualità della nostra amicizia.
Incrocia gli occhi, allontana e riavvicina il telefono infastidita dalla luminosità dello schermo. Dice che, per quanto è complicato, tanto valeva cucinargli una torta a forma di cuore, con la glassa e tutto.
A testa in giù le risate ci soffocano così dobbiamo rotolare su dritte e le risate si trasformano in colpi di mitra. Le spariamo tutto attorno, l’eco ci crivella dopo molti rimbalzi sulle pareti. Continua a leggere

A lume di candela

scritto da Esther Bondì

Il cognome Corigliano-Schmidt splendeva sulla targhetta dorata a destra del portone, ultima fra una dozzina. Cognomi come questi non hanno nulla di speciale: Schmidt è il cognome tedesco per antonomasia, e Corigliano, in una città come Monaco di Baviera, perde di singolarità, essendo quasi trentamila gli immigrati di cittadinanza italiana. Non a caso la chiamano la città più a nord d’Italia. Corigliano odorava di estremo sud, di uno di quei paesi meridionali dove le tradizioni resistono, e bene.
Corigliano lei e Schmidt lui? O Schmidt lei e Corigliano lui? A pensarci bene, al novanta percento era Corigliano lei. La scena era piuttosto facile da immaginare: Corigliano C. (Carmela? Caterina? Catia? Forse semplicemente Chiara?) giovane donna calabrese, capelli castani e pelle dura, incontra Schmidt P. (Paul? Patrick? Philipp? Una lieve preferenza Paul, che sarebbe potuto facilmente diventare Paolo) giovane tedesco benestante, occhi chiari e pelle rosea, con solo amore, e un sacco di soldi, da donarle. Philipp (aveva deciso per Philipp) è innamorato perso, ogni giorno va in spiaggia sperando che la dea in costume raggiunga i suoi occhi. Continua a leggere