Casa

scritto da Claudia Petrucci

Casa, singolare – nell’accezione: unica nel proprio genere, diversa da tutti gli altri; inoltre femminile. Costruzione eretta dall’uomo nel millenovecento ottanta, venduta, comprata, complesso di ambienti che a distanza di vent’anni noi ancora sogniamo, mio padre, mia madre, mia sorella, tutti sognerebbero quella che è stata la mia casa se solo ci avessero vissuto per un anno, o tutti sognano le case della propria infanzia fino all’ultimo giorno? A grande distanza, la casa torna a trovarmi mentre dormo, non sono io a entrare ma è l’organismo architettonico rispondente alle esigenze particolari di me abitante, l’organismo a espandersi dal centro del mio corpo nel dormiveglia e a estendersi tutto intorno in una corazza, un satellite del ricordo e più spesso un vero e proprio pianeta. Continua a leggere

Non ce l’hanno mai presentato il mare

scritto da Sara Mariotti

Ci ho pensato.
Provengo da un albero di gelsi.
Non un albero qualsiasi di gelsi, ma quello nel cortile di Via Savoia.
Mia nonna aveva pure le galline, mi facevano ribrezzo le galline.
I gelsi, invece, mi piacciono, anche se non li mangio mai, non so dove trovarli, non so nemmeno se possono fisicamente cadere dentro le vaschette.
Per me, una volta raccolti, finiscono direttamente in bocca, oppure scompaiono: è questa la mia soluzione. Continua a leggere

Guida per riconoscere i tuoi canti

scritto da Francesca Astarita

Casanocillo è un piccolo villaggio nella parrocchia della Trinità, a sua volta frazione di Piano di Sorrento. È a circa quattrocento metri sul livello del mare nella zona montagnosa della penisola sorrentina, è scomodo da raggiungere, ha pochissimi abitanti e quando ne sento parlare ho l’impressione che sia conosciuto solo per due cose: il nocillo e la tomba degli appestati. Continua a leggere

Pavimenti

scritto da Marianna Crasto

Soglie, limiti e confini stanno più sotto i piedi che davanti agli occhi, penso. E nonostante sia vero che un cancello è inequivocabilmente un segnale di passaggio, così come una porta o una finestra, tuttavia il suolo dove poggia il tuo prossimo passo è cruciale, e ti sostiene: sei tutto dentro un posto, non sei costretto a vederlo da dietro a un vetro. Continua a leggere

Laggiù

scritto da Francesco Bolognesi

Lassù, sull’argine del mio paese, – l’argine di un fiume che non esiste più, che affianca invece per un tratto l’Adriatica e per un altro una strada chiamata Nazionale – fin da bambino sono andato in bicicletta, prima con mio padre, a stargli dietro mentre lui tagliava il vento, poi con gli amici a zonzo, di notte, per vedere più stelle possibili e anche un po’ per capire bene cosa fosse il buio, e infine da solo, quando tornavo al paese per rivivere le strade di quando ero bambino – sì, sono un tipo nostalgico. Continua a leggere

Un episodio d’amore

scritto da Marta Cai

A Cido Passarelli

Per quanto mi riguarda questa storia brasiliana inizia con le mozzarelle di un leccese a Curitiba, Paranà. Il Paranà è infilato come una bottiglia tra lo Stato di São Paulo (a nord) e quello di Santa Catarina (a sud). A ovest ha l’Argentina e il Paraguay, a est l’Atlantico; per chi ama i numeri, si stende sul 25o parallelo Sud; per chi ama la geografia in generale, il suo clima non ha niente a che vedere con quello da Rio de Janeiro in su. Curitiba è la capitale del Paranà e poiché le temperature non sono un’opinione esibisce una comunità di discendenti polacchi degna di nota, credo la seconda al mondo dopo Chicago. Continua a leggere

Avrei dovuto capirlo

scritto da Carmine Bussone

Avrei dovuto capirlo, il guaio in cui mi stavo mettendo, il puzzle infinito che avrei tentato di risolvere e nel quale volontariamente mi ero immerso.
Per discolparmi posso dire che la cosa non era così facile da intendere, soprattutto all’inizio. Non sarebbe stato come combinare tutti i pezzi sfuggenti o meno di un delitto di cui è necessario trovare il colpevole. E se anche fosse stato, stiamo parlando di un’indagine così lunga e lenta che ogni volta che scoprivo elementi nuovi, il ricordo dei precedenti era ormai illeggibile. Continua a leggere

Ed è così che sono diventata una bestia

scritto da Ilaria Vajngerl

Davanti alla fattoria c’è una rotonda piena di galline, escono dal cortile e attraversano la strada. Chi arriva da fuori frena bruscamente pur di non investirle, le macchine si accartocciano in tamponamenti a catena che accadono con frequenza regolare. A Francesco poco importa, se qualcuno preferisce rimetterci il paraurti per salvare la vita di una gallina, sono solo fatti suoi.
Da lontano prima di arrivare, vedo un enorme pioppio sovrastare la campagna. I pavoni ci trascorrono la notte, le code pendono dai rami: quello è il mio albero magico. Quando chiedo a Francesco di poter entrare, lui mi dice che posso visitare la fattoria tutte le volte che voglio, basta che non faccia la schizzinosa: le sue sono bestie, mica animali.
C’è odore di capra, fieno, ruggine, primavera, fango, mangime, piume, legna, erba, fuoco, glicine, carogna. Continua a leggere