Max Di Mario

Max Di Mario, mestrino classe ‘89, durante la sua estremamente lunga e travagliata carriera universitaria a cavallo tra fisica e filosofia inciampa nella scrittura poetica e non si riprende più dal colpo. Dal 2017 partecipa a tantissimi poetry slam in giro per l’Italia, organizza eventi culturali legati alla poesia e vince qualche premio che si fregia del nome di poeti morti (per lo più soli e alcolizzati). Da qualche anno vive a Firenze, dove ha dato vita al progetto poetico Poesiaininterrotta e al collettivo di improvvisazione narrativa e poetica Tekken Poetry. Ad oggi fa parte del collettivo dei Ripescati dalla Piena e continua ad amare le ombre e i bacari come quando aveva vent’anni, anzi, forse ancora di più.

La bestia sbagliata

scritto da Max Di Mario

Le mattine non hanno tutte l’oro in bocca
ma più spesso un retrogusto di vodka
che è ferita metafisica nello specchio del fiato
mi spezzo mi piego e mi spoglio delle foglie
facilmente, come un ramo
come Remo so solamente invidiare
il destino del gemello giusto
fondatore di imperi benedetti da dei
che io sono capace soltanto di bestemmiare
è difficile trovarmi nelle pagine che scrivo
spiare oltre gli argini di cirri e ciminiere
in un città di ghepardi da tastiera
recitare la mia parte di fragile erbivoro
da sempre la bestia giusta al momento sbagliato
è evidente,
sono un bag del sistema, un insetto sterco
sono il terrapiattismo per la filogenesi
un errore imprevisto nella classificazione di Linneo
un repellente neo peloso sotto l’occhio di Darwin
Rewind. Pianosequenza in un’anonima classe delle elementari
Suor Rosa, tenero bocciolo con bicipiti da Undertaker
avvolto nella sua custodia di nera ossidiana
ci affibbia una lettera da abbinare a animali
scatenando una pioggia di G come gatto, di C come Cane
di L come Lupo, di R come Rana
e di Z come Zebra che la mandano in sollucchero
fino ad arrivare a Max, con la sua P
come, ovviamente, Petauro dello zucchero
e giù scrosci di risate, come aghi sottopelle
piccole bocche malvagie e licantropici dentini
di futuri questori, fashion blogger e banchieri
lo sguardo di Suor Rosa
lo stesso di Schwarzenegger
quando pronuncia il suo fatale: Hasta la vista baby
e io stringo geloso il mio Petauro, al petto
sotto gragnole di scherno e di T come Topo
prendo coraggio, dico: l’ho letto in un libro!
è un marsupiale dotato di membrane dette patagi
vive in Nuova Guinea, ve lo giuro, esiste
è uno scoiattolo che vola
una M come Mucca per poco non mi acceca
Suor Rosa mi solleva, gonfia il collo taurino
scambia di posto le mie costole come un cubo di Rubik
mi chiede: perché insisti a prenderci per il culo?
Cos’hai contro il Pollo, il Pinguino, la Pecora
se vuoi fare l’originale scegli il Pitone, il Puma
Ma non stuprare con la fantasia la perfezione della natura
mangia merendine, gioca a calcio
suona Fra Martino col flauto, come tutti
invece di insistere ad infilartelo nel naso
Spera di essere un Re Magio alla recita di Natale
invece di sperare di essere l’asino
il mondo è così, puoi essere soltanto l’animale che sei nato
puoi avere occhi di aquila, o essere talpa, cieco
ma non puoi essere uno scoiattolo alla conquista del cielo

a casa rispondo che va tutto bene, prima di rintanarmi
nella mia giungla divano
Nuotando nella testa assieme agli ornitorinchi,
imitando gli starnazzi di emù e kookaburra,
e ammirando le feci quadrate di un vombato
mentre rimetto in ordine le spalle lussate
senza sapere che un giorno un conato di noia
per ragli uniformi, omologati muggiti
dopo un lungo curriculum fatto di sbagli
di amori dadaisti e vodke in bocca al mattino
mi porterà a squittire in un modo solo mio
irsuto roditore che plana nell’alba
felice, chiamando i suoi versi poesia,
di essere al momento giusto la bestia sbagliata.

Ascolta La bestia sbagliata letta dall’autore

Tempesta imperfetta

scritto da Max Di Mario

Tu che ti svegli
tra le macerie della notte
stretto da pareti di fogli A4
imbrattati degli ultimi bisbigli di sogni
nascosti nel cassetto di qualcun altro.
Tu che ti addormenti scarafaggio
per risvegliarti uomo,
che lavi i denti dopo i pasti
per un sorriso seducente a questo specchio vuoto:
sei sia la gallina che l’uovo.
Sei nato prima di inventare te stesso
ma hai calato le braghe dopo esserti pisciato addosso.
Così non va sorella
e fratello, credimi, stai messo male.
Da animale a animale, di sociale hai solamente
la tendenza a fantasticare su quale sarà la prossima hit dell’estate,
finché non interviene la nobile arte del dissociare:
mente e mani, cervelli e peni, vescica e reni,
e allora dici bisogna fatturare
bisogna fratturare ulne tibie scapole omeri frantumare omero dante
e pezzo per pezzo piazzare dei bot dei bond gli stock la glock qui in front
Oh!
Mio nonno bracciante lucano smottava la terra
perdeva la guerra di troia contro la servitù della gleba
sopravvissuta zitta zitta nel sommergibile della storia.
Mangiava controfiletto di merda, direttamente dalla scodella,
finché non ha mollato la zappa ed è salito, su
dal battiscopa pieno di polvere all’aria pura della finestra.
Sul carro del venditore.
Sul: carissimo compagno lavoratore
eccoti un bel contratto, l’appartamento all’angolo nel palazzo, il conto in banca,
saluta il calanco e abbraccia il Nord Est che produce,
bacia la croce e saluta il duc…ssssssh!
Ma pensalo e basta, perché non si dice.
Ora addormentati e risvegliati
felice.

Ma non basta.

C’è nei tuoi occhi, sorella, la cresta di un’onda,
c’è nella tua pancia, fratello, una sorgente che sgorga,
c’è una vecchia favola che nel tramonto rimbomba,
un gigantesco drago addormentato
che sogna i suoi sogni di fuoco nell’ombra,
un gregge di pecore nere, smarrite nei crepacci del mondo,
che belano la loro rivolta
alla spalle indaffarate del roveto ardente,
finché non interviene la somma arte del sussurrare:
parole e voci, respiri e fedi, stanchezze e schiene
e allora dici bisogna complicare
bisogna compitare cifre, ore, notti, gradini, compilare bilanci e grafici
e pezzo per pezzo spezzare
il pane e rendere le disgrazie, realtà.
Occupare il nostro piccolo spazio.
Rimanere in silenzio.
Lasciando scorrere una poesia
accendersi, un istante poi via
nell’oblio dispettoso del fiume Lete
concedendo alle nostre orecchie, la libertà
di decidere se combattere
per la tempesta o per la quiete.

Ascolta Tempesta imperfetta letta dall’autore