1. Erano i giorni del condizionatore rotto, del basilico bruciato dal sole, le cui foglie marroni suggerivano dolorosa sopportazione.
Di una canzone di Calcutta ascoltata allo sfinimento, di una bottiglia di assenzio sul balcone. Era pur sempre estate. Soprattutto, era il periodo in cui il fuoco si era mangiato una fetta del contorno cittadino riempiendo il cielo di monossido. L’aria era un problema. I boschi avevano bruciato per settimane. Diversi tipi di uccelli erano migrati a Sud. La prudenza ci aveva imposto di restare per lo più a casa.
Giocoforza, durante quei giorni avevamo abdicato al rituale dell’abbronzatura. Gli stuoini, i Mojito, il sole che si tuffa nel mare tra le grida degli studenti brilli, tutta quella roba era stata sostituita dal velluto dei nostri divani “Plano Lux”. Possedevamo uno schermo da cinquanta pollici, regalo di certi zii di Sara che, quanto all’alta definizione, parevano intendersene.
A causa dell’incendio, inoltre, avevamo rinunciato a Mykonos. Sara ci era rimasta male. Aveva organizzato la vacanza per mesi; a nulla serviva la promessa che ci avremmo riprovato l’anno successivo. Continua a leggere
Quindici indizi di una possibile infelicità
scritto da
Matteo Quaglia