Marta Cai

È nata a Canelli nel 1980, abita in provincia di Cuneo e passa le sue giornate a tradurre e correggere quello che scrivono gli altri. Incredibile a dirsi, non è ancora morta di noia.

Un episodio d’amore

scritto da Marta Cai

A Cido Passarelli

Per quanto mi riguarda questa storia brasiliana inizia con le mozzarelle di un leccese a Curitiba, Paranà. Il Paranà è infilato come una bottiglia tra lo Stato di São Paulo (a nord) e quello di Santa Catarina (a sud). A ovest ha l’Argentina e il Paraguay, a est l’Atlantico; per chi ama i numeri, si stende sul 25o parallelo Sud; per chi ama la geografia in generale, il suo clima non ha niente a che vedere con quello da Rio de Janeiro in su. Curitiba è la capitale del Paranà e poiché le temperature non sono un’opinione esibisce una comunità di discendenti polacchi degna di nota, credo la seconda al mondo dopo Chicago. Continua a leggere

La rotatoria

scritto da Marta Cai

Giovani svegli – uomini morti di sonno
Karl Kraus

Pensavo «fallico» di continuo e non ero contento. Intelligente abbastanza per capire che l’associazione tra il membro virile e un albero artificiale è un’immagine abusata e priva di forza, non ho letto un numero sufficiente di libri per riuscire a sostituirla. Ricorrere al Responsabile della comunicazione istituzionale per liberarmi da quel trisillabo così morbido e liscio, che gioivo a pronunciare mentalmente, ma che stava diventando un’ossessione difficile da gestire nella mia posizione, mi spiaceva per orgoglio personale e vanità. Sapevo che prima o poi avrei dovuto cedere. Lui, così basso e calvo, davvero possiede un bel vocabolario; immagino perché più vecchio di me e senza amore. Continua a leggere

(CA)NICOLA

scritto da Marta Cai

Vagheggiava. Da dietro le tendine verde salvia, avanzo d’un copridivano, Claudia spiava Nicola che sudava e faceva di no con la testa a un piccione. «Amore mio, amore mio infinito», gli sussurrava alitando sul vetro, «presto non soffrirai più, né il caldo e né niente». Continua a leggere

Mezzaluna fertile

scritto da Marta Cai

Nell’estate del 1983 la mia unica gioia fu l’ascolto di A kiss in the dreamhouse. L’anno prima io e miei amici l’avevamo rinnegato, ci eravamo quasi offesi. Cos’era successo a Siouxsie? Cos’era quella roba quasi psichedelica, quasi pop? Cosa ne sarebbe stato del punk, del post-punk e della nostra stessa vita? Ma nell’estate del 1983 cambiai idea e quel disco mi fu compagno nella discesa agli inferi della mia consunzione d’amore. Continua a leggere