Non avevo nozioni di arte, non avevo nozioni di fisica, ero lunga un metro. I grandi si riposavano dopo pranzo e mi lasciavano sul letto in canottiera a doverli imitare. Il letto stava addossato con il lato lungo contro la parete, sovrastato dalla stampa di un dipinto di Braque. Era il letto di mia madre da ragazza. Non avevo nozioni di arte, non avevo nozioni di fisica: il quadro mi spaventava perché temevo sarebbe caduto staccandosi dai chiodi in alto, allontanandosi dalla parete per lanciarsi in avanti, come per un tuffo di testa. Allora aderivo al muro, mi sembrava una soluzione. Ero lunga un metro e rotolavo e aderivo e credevo di salvarmi. I quadri non cadono così ma cosa ne potevo sapere. Cadono proprio lisci lisci in verticale, aderenti ai muri, dove mi sentivo al sicuro. Ma nemmeno conoscevo le lettere che servivano a scrivere Braque.
All’improvviso in camera c’è anche mio fratello, va verso il letto. «Attento» gli dico. Ma sto zitta da molto a guardare il muro: lo raggiunge un versaccio rauco e s’è fatto già tardi, lui è già sul letto, seduto sulla mia testa. Infila una mano sotto il sedere, la passa sulla coperta per controllare se ha schiacciato qualcosa ma non trova niente. Torno a guardare fuori dalla finestra sperando che non mi faccia domande. Continua a leggere →