Guendalina Bruni

Marchigiana d’origine, nel 2004 perde la sua identità geografica girovagando tra Europa ed America per studio e per lavoro. Dal 2014 è fissa in Francia dove stima portate per opere idrauliche. Scrive quando può, tra un modello idrologico e l’altro, la sera rischiando l’insonnia, il martedì a pranzo quando non va dal fisioterapista. I suoi racconti sono apparsi nelle riviste BLAM! e Piegàmi. Ha un profilo Instagram.

Il problemino

scritto da Guendalina Bruni

Il giorno dei miei otto anni mia madre preparò una torta insieme alle altre detenute nel cucinotto di servizio. Non ci facevano entrare nessuno li dentro, eccetto quelle che organizzavano la cambusa per la mensa. Mamma convinse Pina a farglielo usare, le avrà detto che otto anni ce li ha avuti anche il suo di figlio, Pina avrà stretto le palpebre e le si sarà scaldato il cuore. Lì dentro ero un po’ il figlio di tutte, mi avevano visto nascere. Gli altri bambini dopo un po’ uscivano insieme alle madri o venivano dati in affido. Io no. Quella era casa mia; non avevo ancora trovato una famiglia che mi prendesse. Forse per via del problemino: sbandavo e sbattevo dappertutto, contro gli stipiti delle porte, gli spigoli dei mobili, contro ogni cosa mi si trovasse davanti; ero continuamente cosparso di lividi. Nelle giornate più sfortunate, oltre a sbattere, inciampavo nei piedi di tavoli e sedie, a volte finivo anche giù per le scale. All’inizio sembrava fosse un “banale problema alla vista”, così aveva detto il medico del penitenziario: «Tranquillo è normale se nasci qui dentro, un paio di occhiali e il problema è risolto». Continua a leggere