Giulia Sarli

Si è laureata in lettere con una tesi su Daniele Benati all'università di Bergamo, città in cui vive. Per amore dei libri passa il suo tempo tra librerie e biblioteche. Quando può scappa a Marsiglia a guardare il mare. Collabora con la rivista online La balena bianca.

Scorre non rimargina

scritto da Giulia Sarli

Le gocce si accumulano nel cavo dell’asfalto eroso davanti al portone. Immerge le scarpe, non ci fa caso. Un leggero solletico alle caviglie. Torna a casa dal lavoro e ha la sua ora d’aria. Le sembra che duri il tempo di un respiro. Ha fatto crescere i capelli lunghi fino ai fianchi per sentirsi più protetta e da mesi non li tinge. Si è comprata un maglione viola livido che le stona addosso e lo indossa sempre. Al tramonto la porta si apre. La chiave gira nella toppa come quando si mette in carica un carillon. Riconosce la macchia scura che occupa il vetro smerigliato tra il soggiorno e l’ingresso. Ne traduce i movimenti. Il cappello e il cappotto posati delicatamente ai pomoli dell’attaccapanni, le scarpe sfilate piano. La sfocatura cede a un corpo smilzo e allampanato. La mano ossuta ondeggia verso di lei, accanto a un sorriso inerme, che accentua le occhiaie. Grillo le si avvicina, si siede accanto a lei sul divano, appoggia la schiena e inarca il collo. Rilascia un mugolio acuto e piega il capo, gli occhi a mezza luna. Formica ha una fitta al petto. Lui allunga il braccio, le posa la mano sulla coscia destra, che è più rigida del legno. Muove le dita su e giù in una carezza lenta. Dice qualcosa sul lavoro. Formica non lo ascolta, guarda vicino ai piedi il vello del tappeto consumato. Le chiede se va tutto bene e così lei capisce che deve concentrarsi, se vuole che la casa non scompaia. Annuisce. Grillo piega la schiena, le dà un bacio sul collo. Formica sente un brivido che le sforma il viso. Ma lui non se ne accorge. Con la lingua si fa strada fino al lobo dell’orecchio. Lei stringe un labbro sotto ai denti, sente il sapore metallico del proprio sangue. Grillo la prende per mano, la conduce in camera, la abbraccia mentre si stendono sul letto. Le bacia la bocca, dolcemente. Formica pensa spero passi presto, inizia a sbottonargli la camicia, lo aiuta a togliersi i vestiti. Grillo fa lo stesso per lei, ma non riesce a levarle il vestito più pesante. Inizia a baciarla in mezzo alle gambe poi sale alla bocca, per vederla provare il suo sapore. Cambiano posizione, vuole che lei stia sopra. Per entrarle dentro deve spingere, Formica stringe le mani alla spalliera del letto, schiaccia la testa contro il cuscino, inorridisce al contatto del suo sudore. Passa un tempo troppo lungo. Simula un orgasmo quando lui accelera. Grillo poi si accascia, sorride, la stringe con le braccia al petto fradicio. Formica non può stare lì. Si divincola e scivola via dal letto, si chiude in bagno. L’acqua calda della doccia scorre, non rimargina lo sporco che le pesa addosso e che impregna tutta la casa. Quando torna nella stanza Grillo sta dormendo. Si asciuga i capelli e si riveste, si guarda attorno. Prende con sé la borsa, si dimentica di mettere le scarpe. Almeno per le scale non fa rumore. È fuori. Continua a leggere

L’alfabeto

scritto da Giulia Sarli

Dolores è davanti allo specchio. Ha sfilato le ciabatte dalle suole rialzate, reggendosi alla sponda del letto. È avanzata a piccoli passi, con le braccia incurvate da gara campestre e i gomiti a sfondare l’aria. Si guarda. Si fa scivolare di dosso il vestito nero con i fiori viola. Lo lascia cadere in terra, ai suoi piedi e i fiori si sgualciscono nel buio del tessuto. Resta nuda, glabra, affonda gli occhi nelle pieghe della pelle afflosciata sul manichino del suo scheletro. I suoi sguardi sono frecce, i secondi le ferite. Gocce di sangue rosso trasparente macchiano le piastrelle in grès e il tappeto bianco che resta bianco. Il corpo di Dolores adesso è steso a letto. Il ventre ondeggia, si tende del respiro come la vela di una barca al vento favorevole. Ha un’ora di tempo. Poi tocca a Lola uscire. Continua a leggere