Gianmarco Tricarico

Gianmarco Tricarico (Milano, 1990), poeta e performer. Di recentissima pubblicazione il suo Dolci Traumi, Miraggi Edizioni 2018. È stato finalista al Poverarte Festival di Bologna 2017 nella sezione poesia orale. Si è esibito al Miami Festival (2014), al Carroponte (2017 e 2018) e al CPM Music Institute (2018). Organizza e co-conduce Awanagana Poetry Slam ed è curatore artistico di Fuoripalco, piccola rassegna di poesia, teatro e stand up comedy all'aperto. È co-ideatore di Poetry Slam McDrive Edition, il primo poetry slam a svolgersi, alle 2 di notte, nel parcheggio di un McDonald's. Fa parte del collettivo poetico milanese Tempi diVersi. Insieme ai poeti Andrea Fabiani e Lorenzo Bartolini costruisce spettacoli di teatro-poesia con il progetto Trio Paloma. Intanto gira per locali e circoli portando una poesia al limite tra l'imbarazzo, la denuncia e l'incredibile scioglievolezza di Lindt.

Poesia killer

scritto da Gianmarco Tricarico

Questa è una poesia killer,
finalmente ho scritto una poesia killer,
ho trovato la formula chimica
della poesia killer
e questa poesia, sappiate,
mieterà
mieterà
mieterà
morti morti morti.
Genti verrete mietute.

Ho scritto una poesia killer
perchË ho il cuore di un perverso,
da sempre sogno di uccidere
scrivendo un solo piccolissimo verso
ma ho notato che con un verso
è troppo poco;
cadrete come petali
sarà indolore come un gioco.

Questa è una poesia killer
e voi vi chiederete – Perché
questo scemo ci vuole fare
andare tra gli angioletti?

Perché da quando leggo
in giro per locali
mi son sempre chiesto:
– Ma alla gente cosa resta,
quando leggo loro una poesia
che cosa gli rimane?

E da quello che ho potuto
che ho potuto constatare
alla gente rimane sempre
la vita

però la vita già
ce l’avevano
prima.

Ma poi ho capito che la poesia
non è una cosa che dà,
la poesia è una cosa che toglie
e la vita è una cosa appariscente,
non di certo la più importante
ma molto molto appariscente
come cosa
è la vita.

Ho scritto dunque una poesia
per non lasciarvi niente
di niente di niente,
perché la poesia non dà,
la poesia toglie,
per scoprire i vostri nervi
per farvi perdere i respiri
per rapirvi gli sbadigli
per strapparvi i sorrisi
per acchiappare i vostri nasi
per cavarvi gli occhi dalle orbite
per farvi perdere i capelli
per provocarvi colpettini di tosse
per far abbaiare i cani nella notte
per mungere il latte alle ginocchia
per farvi cadere le braccia
per spremere le vostre meningi

tutto, tutto, vi volevo togliere
quando ho scritto questa poesia!

Ho scritto una poesia killer
che leggerò in un reading-olocausto
davanti a un pubblico stretto stretto,
non si salverà nessuno.

Con le sole frequenze della voce
invertirò il flusso sanguigno,
sentite, sta già avvenendo
ho scritto una poesia killer
che già sto qui leggendo

e c’è chi penserà
– quando la pianta ‘sto cialtrone –
oppure
– ma muori tu testa di cazzo –
ma io non torno indietro
finalmente lei è completa.

E siete belli come un esperimento,
sarete belli quando cadrete per terra
versando le birre sul pavimento
e a quel punto non potrò che inspirare
la mia poesia finalmente ha vinto,
finalmente ora sono convinto
di aver trionfato sul male,
di aver trionfato sul niente
di aver trionfato sui reading
insipidi,
di aver trionfato sui poeti
stupidi

e la notizia si farà virale
dirà – c’è un poeta
che fa reading-olocausto –
e trasformerò i locali
in aree cimiteriali
deformerò i toraci, fibrillerò
i miocardi, restringerò i canali
e tutti vorranno venire a morire
e tutti staranno in religioso silenzio
per ascoltare tutto, nessuno vorr‡
perdersi niente

e a ogni reading si spargerà la voce
– pazzesco, un poeta che uccide la gente! –
e pagheranno caro, caro il biglietto
per dimostrare
che a loro, no,
non fa effetto,
che la poesia
è solo una cialtroneria,
che la gente non muore
per davvero

ascoltando parole
non si va al cimitero.

Ascolta Poesia killer letta dall’autore

Assiderati (poesia per mio padre)

scritto da Gianmarco Tricarico

Quando il sole se ne va
dietro le montagne,
le montagne diventano
nere e inizia a fare freddo.

Questo l’ho capito
quando sono andato
a sciare da bambino,
che avevo la tuta più trash
più anni ottanta
più verde e viola,
quella dei poveri.

I bambini fighi
hanno le tute nere
o comunque stra alla moda
e hanno i papà che sciano
sì, i loro papà sciano,
invece il mio papà
non sapeva sciare
ché lui lavorava
in miniera quando
aveva otto anni,
si sciava ‘sto cazzo
a otto anni
in miniera.

Ma a me quel giorno
non importava
avere un papà che
aveva lavorato in miniera,
io volevo un papà
con la tuta nera strafigo,
che m’insegnasse a sciare

invece ebbi un istruttore
bergamasco che bestemmiava
perché non volevo fare i dérapage
(dio solo sa in che crepaccio
sia intrappolata ora la sua anima).
Mio papà chissà dov’era,
adesso lo volevo il mio papà,
mega stanco
con il piccone sulle spalle
la faccia tutta nera
che mi dicesse: – Andiamo,
andiamo a cercare i leocorni
nella miniera di staminchia –
che mi dicesse proprio – staminchia –
pure “staminchia” andava bene,
l’importante è che mi portasse
sulla terra ferma,
ché le slavine
a me, porco zio, le slavine
me le sognavo di notte, io, le slavine,
ma mio padre era giù in baita
a scolarsi grappini a nastro.

Quando il sole se ne va
dietro le montagne
le montagne diventano
nere e inizia a fare freddo.

Lo capii quella sera
quando mio padre dalla baita
passò direttamente a una sdraio
che aveva tirato fuori dal bagagliaio
e tutto bello allegro
si mise a prendere il sole
vista pineta, 1400 metri
finché non perse i sensi
e il sole non scomparve.

Forse saremmo dovuti
tornare a casa,
forse avrei dovuto
svegliare mio padre
prima del tramonto,
pensavo 
mentre disegnavo
con un legnetto
cazzi nella neve
ma dal profondo
una voce mi parlava,
lo so, è strano,
una voce nel profondo
mi diceva
che era questa la complicità,
voglio dire,
sentivo finalmente
che stavamo facendo
qualcosa insieme;
insieme
stavamo scomparendo.

Disobbedienti
irreperibili
senza aver avvisato
nessuno,
lui sulla sdraio, io
per terra accanto a lui,
stavamo affondando
nella notte insieme,
insieme
stavamo assiderando
da padre e figlio.

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