Da quando sono in questo letto, ho visto molte cose. Non con gli occhi del corpo; quelli restano socchiusi a guardare il soffitto, anche se una mano pietosa mi ha da tempo poggiato la testa sopra un doppio cuscino. Quegli occhi ormai non mi appartengono più, da quando le mie giornate sono accompagnate solo dal mio respiro sempre più debole. No, sono altri occhi quelli che hanno cominciato a viaggiare, che scrutano, che sentono come mai prima. Diceva, la gente, che ero una strega, la maciara, Donna Sulfura, ma io non ci ho mai creduto davvero. Ora però, chissà.
Sento, anzi, vedo che da quando sono nascosta al mondo, inchiodata nella mia camera dal grande male che è la vecchiaia, la gente ha cambiato atteggiamento verso di me. C’è stato un tempo in cui andavo per le strade, i vicoli pieni di ciottoli del mio paese, guardata con rispetto e timore. A me si rivolgevano per amore o invidia, o per un consiglio, per una confessione. Il fornaio a cui non lievitava il pane. Il parroco e i suoi tormenti, a chi altro doveva raccontarli? Sicuro che nessuno sarebbe mai venuto a chiedermi qualcosa. La maestra incapace di farsi ubbidire, a chi altro poteva chiedere un’erba che la rendesse forte? Il marito geloso, la madre preoccupata, la nuora infastidita. E io facevo, senza troppo crederci, quello che volevano. Fossero medicamenti, o parole vuote, o scongiuri. Perché quella era la vita che mi era toccata in sorte. Continua a leggere
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racconto
Donna Sulfura
scritto da
Francesco Noferi