Lo si vedeva passare ogni mattina, quel baffone di Rino, con la sua lampada ad acetilene in mano e il giacchetto in fustagno aperto a mettere in mostra panciotto e camicia, quasi fosse uno splendido padrone salito a dar ordini ai suoi manovali; e invece era un minatore, Rino, e quella camicia di cui sembrava andar così fiero era annerita dalla polvere della grafite, lisa dall’uso quotidiano e combusta sulle maniche: perché egli le usava quasi fossero acciarini per dar fuoco agli zolfanelli con cui accendeva la lampada, non appena si calava giù nella lunga galleria della miniera della Gran Roccia, proprio sopra la nostra borgata del Donn. Continua a leggere