Carmine Bussone

Carmine Bussone nasce nel 1979 e cresce in provincia di Napoli, per poi andarsene un bel giorno a Roma a fare l’ingegnere. Alle elementari scopre che gli piace leggere e scrivere storie. Da allora, fra una cosa e l’altra, non ha smesso praticamente mai.

Soriano

scritto da Carmine Bussone

Prima o poi ti capita. Anche se guardi nei posti dove mai penseresti di vederlo, alla fine il pezzo, l’editoriale, il racconto sul calcio te lo trovi sempre. E io provo una grande invidia per coloro che sono capaci di scriverne. Il campione che viene dalla povertà, il genio che si distrugge con droga e donne, il terzino che fa la sua dignitosa carriera in una grande squadra e poi si dedica alla famiglia, sono tutte cose delle quali non riuscirei a parlare con passione e a illuminare nella maniera giusta.
Dovrei premettere che nella mia vita il calcio non ha mai occupato una posizione di rilievo. Dovrei premettere che non ha mai occupato una posizione e basta.
Il calcio, come tanti altri sport ma forse un po’ di più, è una cosa che o hai la giusta scintilla o è meglio che non ti ci accosti proprio. Quel tipo di attaccamento, quelle cose che solo qualcuno appassionato può comprendere, conferisce l’autorità necessaria a raccontarne, altrimenti qualunque cosa potrai dire o scrivere saranno parole l’una di fianco all’altra. Continua a leggere

Avrei dovuto capirlo

scritto da Carmine Bussone

Avrei dovuto capirlo, il guaio in cui mi stavo mettendo, il puzzle infinito che avrei tentato di risolvere e nel quale volontariamente mi ero immerso.
Per discolparmi posso dire che la cosa non era così facile da intendere, soprattutto all’inizio. Non sarebbe stato come combinare tutti i pezzi sfuggenti o meno di un delitto di cui è necessario trovare il colpevole. E se anche fosse stato, stiamo parlando di un’indagine così lunga e lenta che ogni volta che scoprivo elementi nuovi, il ricordo dei precedenti era ormai illeggibile. Continua a leggere

Stomaco

scritto da Carmine Bussone

Frankenstein 8


«Gerald! Maledetto parassita che non sei altro, sotto quale asse del pavimento ti sei nascosto? Spero di vedere i topi che stanno facendo colazione col tuo cadavere o non avrai altre scuse per essere ancora vivo davanti a me.»

Tale era la potenza e la rabbia dell’urlo di mio nonno, che si sarebbe potuto trovare anche fuori dalle mura della città. Continua a leggere

Aria condizionata

scritto da Carmine Bussone

La prova che tutto stesse andando uno schifo era il gusto di calcare che aveva il caffè. Ad ogni sorso, Luciana faceva una smorfia di contrizione e poi lo buttava giù, contro ogni istinto di sputarlo per terra.
Quando la vita sta andando a puttane, inizi ad assaporare nei dettagli tutti i sedimenti e le impurità che ne fanno parte. Che siano incrostate dentro la tua anima o nei tubi del tuo lavandino, la cosa fa poca differenza.
Roberta, la sera prima, l’aveva lasciata al telefono con “fammi fare qualche telefonata domattina, vedrai che qualcosa la troviamo”. Continua a leggere

Mia madre era una persona educata

scritto da Carmine Bussone

Un incostante bisogno di tragedia. Desiderare che il destino prenda a schiaffi la mia vita con le sue mani pesanti e poi ritrovarsi a non riuscire a gestire la cosa. Il fatto di essere sempre stato protetto, corretto e tenuto lontano dalle difficoltà di qualunque genere, non mi ha mai aiutato. Mia madre, quando tentavo di tagliare una torta a tavola, mi toglieva il coltello dalle mani e lo faceva lei al mio posto.
Speravo con tutte le mie forze che quella giostra sulla quale ero seduto deragliasse dai suoi binari e mi facesse capire quanto fossi capace di far fronte alle difficoltà che mi si ponevano davanti. Puntualmente, però, come per ogni persona immeritevole, bastava un mal di denti improvviso o un rifiuto da parte di una donna a gettarmi nello sconforto.
Non ho saputo gestire neanche l’ennesimo silenzio di Laura. Quando stava rincasando, l’ho sentita parlare con la vicina che faceva battute sulla puzza di curry che si sente dalle sette di mattina sul pianerottolo. Rideva. Finché la porta non si è chiusa e tutto si è spento, come avrebbe fatto il più tragico degli interruttori.
Elena, invece, rideva tantissimo. Nonostante la sua solitudine, il suo aspetto trasandato e il suo naso grande su un volto poco aggraziato. Al lavoro la evitavano tutti tranne me. Continua a leggere