Scorre non rimargina

Le gocce si accumulano nel cavo dell’asfalto eroso davanti al portone. Immerge le scarpe, non ci fa caso. Un leggero solletico alle caviglie. Torna a casa dal lavoro e ha la sua ora d’aria. Le sembra che duri il tempo di un respiro. Ha fatto crescere i capelli lunghi fino ai fianchi per sentirsi più protetta e da mesi non li tinge. Si è comprata un maglione viola livido che le stona addosso e lo indossa sempre. Al tramonto la porta si apre. La chiave gira nella toppa come quando si mette in carica un carillon. Riconosce la macchia scura che occupa il vetro smerigliato tra il soggiorno e l’ingresso. Ne traduce i movimenti. Il cappello e il cappotto posati delicatamente ai pomoli dell’attaccapanni, le scarpe sfilate piano. La sfocatura cede a un corpo smilzo e allampanato. La mano ossuta ondeggia verso di lei, accanto a un sorriso inerme, che accentua le occhiaie. Grillo le si avvicina, si siede accanto a lei sul divano, appoggia la schiena e inarca il collo. Rilascia un mugolio acuto e piega il capo, gli occhi a mezza luna. Formica ha una fitta al petto. Lui allunga il braccio, le posa la mano sulla coscia destra, che è più rigida del legno. Muove le dita su e giù in una carezza lenta. Dice qualcosa sul lavoro. Formica non lo ascolta, guarda vicino ai piedi il vello del tappeto consumato. Le chiede se va tutto bene e così lei capisce che deve concentrarsi, se vuole che la casa non scompaia. Annuisce. Grillo piega la schiena, le dà un bacio sul collo. Formica sente un brivido che le sforma il viso. Ma lui non se ne accorge. Con la lingua si fa strada fino al lobo dell’orecchio. Lei stringe un labbro sotto ai denti, sente il sapore metallico del proprio sangue. Grillo la prende per mano, la conduce in camera, la abbraccia mentre si stendono sul letto. Le bacia la bocca, dolcemente. Formica pensa spero passi presto, inizia a sbottonargli la camicia, lo aiuta a togliersi i vestiti. Grillo fa lo stesso per lei, ma non riesce a levarle il vestito più pesante. Inizia a baciarla in mezzo alle gambe poi sale alla bocca, per vederla provare il suo sapore. Cambiano posizione, vuole che lei stia sopra. Per entrarle dentro deve spingere, Formica stringe le mani alla spalliera del letto, schiaccia la testa contro il cuscino, inorridisce al contatto del suo sudore. Passa un tempo troppo lungo. Simula un orgasmo quando lui accelera. Grillo poi si accascia, sorride, la stringe con le braccia al petto fradicio. Formica non può stare lì. Si divincola e scivola via dal letto, si chiude in bagno. L’acqua calda della doccia scorre, non rimargina lo sporco che le pesa addosso e che impregna tutta la casa. Quando torna nella stanza Grillo sta dormendo. Si asciuga i capelli e si riveste, si guarda attorno. Prende con sé la borsa, si dimentica di mettere le scarpe. Almeno per le scale non fa rumore. È fuori.
La strada, silenziosa e deserta, dimostra la stessa pace che dieci anni prima li aveva conquistati, visitando l’appartamento. Formica resta ferma per un po’ a respirare l’aria carica di un profumo d’erba e pioggia. C’è qualcosa di diverso. Non vede più gli altri palazzi, sono scomparsi e, al loro posto, tutto attorno ci sono alberi la cui presenza è rivelata dalle luci dei lampioni che ne stagliano i confini scuri. Non può tornare indietro, si è già persa. Cammina a piedi scalzi, non fa freddo, non ci sono stelle o forse è il fitto delle foglie a coprire il cielo. Si accorge che la strada curva impercettibilmente e non rispetta la solita via retta che in fondo in fondo svicola in tangenziale. La segue e pensa che anche il tempo cambia le sue regole di notte. In lontananza vede un’altra casa, la sola di tutto l’orizzonte. Le sembra familiare. Si avvicina e la riconosce. Si accorge del ragazzo con le mani strette alle inferriate del cancello. Ha un volto magro, femminile, gli occhi malinconici. Il disgusto provato poco prima la abbandona. Conosce quel ragazzo, lo trova bello e sente le gambe diventarle molli. Il cancello le è stato aperto tante volte per farla entrare. Ricorda che una sera non visti in un angolo del giardino si sono dati un bacio lungo e lei ha pensato è bello crescere. La madre una volta ha bisbigliato al figlio sembra una bambola, mentre la sorella la riempiva di domande per farla arrossire. Il padre invece forse non l’amava molto e lei di lui aveva paura. La prima volta non se la ricorda. Ma un pomeriggio, stavano nel letto, lei ha riso così tanto che è scoppiata a piangere.
Gli chiede se può farla entrare ancora, ma la voce non ha voce e il ragazzo non la vede. Formica allora fa un tentativo. Prende dalla borsa un sacchettino vuoto di tela bianca chiuso da un nastro. Lo riempie con i sassi che trova in terra e glielo porge. Lui lo pesa nella mano. Formica trattiene il respiro ma il ragazzo muove il capo in segno negativo, se lo mette in tasca e resta immobile. Formica cerca di nuovo nella borsa e questa volta trova una sciarpa bianca. Gliela ciondola davanti finché il ragazzo non l’afferra, gli dice è mia. Ma il ragazzo non la sente. Indossa la sciarpa e fa un sospiro. Formica si mette a piangere e questa volta dalla borsa prende una penna e un foglio bianco su cui scrive il suo nome. Lo piega in una forma di barchetta e appoggia il suo ultimo dono sull’asfalto. Il ragazzo lo raccoglie, lo scarta e legge, lo ripiega. Guarda Formica e le sorride. Le apre il cancello e le chiede di seguirlo oltre il portone del palazzo. Formica scopre che non ha pareti. C’è un ruscello che presto diventa fiume. Il ragazzo sfila il nastro del sacchetto, chiede a Formica di aiutarlo e insieme lanciano i sassi facendoli rimbalzare sull’acqua, finché non vengono inghiottiti dalla corrente. Anche la sciarpa scompare dentro il fiume. Il ragazzo infine si inginocchia. Non c’è bisogno di chiedere perdono, dice e fa scivolare la barchetta sulla superficie d’acqua che non l’affoga. Lei gli si avvicina e vede Grillo affacciato di fronte a lei attraverso l’acqua. Immerge le dita per sfiorargli una guancia ma l’immagine si confonde, diventa nebulosa, si squaglia. Formica alza gli occhi e osserva la barchetta allontanarsi e non si accorge che il ragazzo se ne è andato, che non troverà più la strada di casa, che la casa non esiste più.