Addio amore mio

La luce delle cinque crea dei rettangoli dorati sul parquet, che si aprono e scompaiono al ritmo della brezza che muove le tende della finestra aperta. Anna li osserva mentre aspetta che i capelli le si asciughino dopo la doccia, il corpo abbandonato sul letto e indosso solo un paio di slip. La circondano scatoloni, pile di abiti scomposti e libri ammucchiati negli angoli.
Osservandoli, pensa che gli oggetti della sua infanzia non abbiano quasi più niente da dirle, e, sebbene negli anni si sia rifiutata di gettarli, per la prima volta desidera sbarazzarsene.
Le sue gambe stese sul letto le sembrano le stesse di qualche anno prima. Anna ne accarezza i contorni con le dita domandandosi se da qualche parte siano già presenti gli indizi del disfacimento che un giorno assalirà il suo corpo intero.
Il cellulare poggiato sul comodino di fianco al letto vibra e si illumina. Sullo schermo compare il messaggio di Matteo. Ci sono.
Anna comincia a sentire il battito accelerato così tira l’aria in dentro dal naso e la spinge via forte dalla bocca, come le hanno spiegato al corso “Fondamenti di Pranayama” che ha iniziato online qualche giorno prima.
Si guarda allo specchio, non è niente male, si picchietta un lieve strato di rossetto sulle labbra e si scompiglia i capelli dopo averli pettinati. Apre il cassetto della biancheria in cerca di un paio di mutandine decenti. Ne sceglie un paio color crema che crede possano stare bene con la pelle di fine maggio appena abbronzata. Non è sicura sia un gesto necessario, eppure le sembra opportuno prepararsi a qualsiasi evenienza.
Sono anni che non usa Skype, forse dai tempi di Bologna. Il suo nome è ancora lì.
Matteo Belli – Ma come piove bene sugli impermeabili/ E non sull’anima

I versi di Paolo Conte le fanno pensare alle colazioni pigre nell’appartamento in via Santo Stefano. Gli ultimi messaggi che si sono scambiati sono datati 12 settembre 2012.

19.32
Anna: Che fai?
Matteo: A casa con Phil
Anna: Posso chiamare?
20.05
Matteo: Grazie per la sorpresa. Londra ti aspetta, non vedo l’ora di averti qui.

Nell’autunno del 2012 Matteo frequenta una Summer school alla LSE. Ha preso una casa in affitto a Elephant & Castle con tre studenti di Singapore. Phil, il suo coinquilino, è un ragazzo con molti tatuaggi colorati che trascorre diverse ore in cucina seduto per terra fumando erba.
«Mi senti bene?»
«Ti sento forte è chiaro»
«Allora ho un notizia bomba da darti»
«Anche tu ha deciso di liberarti di tutti i tuoi oggetti inutili e fare il cammino di Santiago?»
«Cosa?!»
«Una cazzata, scusa. Phil mi ha attaccato un pippone dei suoi sulla necessità di liberarsi di ogni sovrastruttura…»
«Volevo dirti che vengo a Londra tra due settimane! Ho preso un biglietto, l’ho trovato a pochissimo su Ryanair, che dici? Non ti disturbo vero?»
A Londra Anna ci trascorre tre giorni, gli ultimi prima che Matteo rientri in Italia. Trova la città claustrofobica, le sembra di annaspare nell’umidità e la metro la confonde. Si divertono un mondo tra i mercatini di Camden Town e Matteo le regala un 45 giri dei The Strokes, anche se nessuno dei due possiede un vinile . La sera prima di partire cenano con due colleghi della Summer school, uno studente polacco di Cambridge e la sua ragazza, una dottoranda iraniana in economia politica all’Università di Utrecht. Trascorrono la serata a discutere dell’impatto sociale delle politiche di austerità dell’Unione Europea, Anna non capisce la metà delle cose che dicono e questo la fa sentire piuttosto insulsa. Cerca di inserirsi in qualche frangente ma sbaglia i tempi di conversazione, così lascia perdere e si limita a fare qualche sorriso di quando in quando. Teme che Matteo si vergogni di lei. Dopo aver salutato il resto della compagnia restano soli fuori dal locale. Anna si accende una sigaretta con aria affranta.
«Almeno mi trovi bella?»
«Sei bellissima, sei la più bella» , le risponde Matteo. Poi la stringe forte.
Questo la consola enormemente. Sorride. Non lo ammetterebbe mai, ma si augura che il suo aspetto possa in parte ripagare la terribile performance di poco prima davanti ai suoi amici.
Si sono incontrati per la prima volta a Bologna alla fine del 2010 in un bar del Pratello. Martina, una ragazza siciliana che Anna ha conosciuto il giorno prima in università, deve avere una mezza cotta per lui perché la trascina in quel locale per incontrarlo, anche se piove a dirotto.
Qualche tempo dopo Matteo le rivela di averla trovata sensuale nonostante l’orrendo maglione che indossava e i capelli resi elettrici dalla pioggia e dal vento di dicembre.
Anna ricorda di essersi sentita stizzita per il mezzo complimento.
«Anche tu non eri un granché» , poi aveva aggiunto «Ripensandoci credo di aver capito subito che mi piacevi»
«Ah sì?»
«Però mi stavi sulle palle. Facevi un sacco di domande sui corsi che stavo seguendo in università e sembrava volessi farmi capire di saperne più di me»
«Per questo ti piacevo»
Anna aveva annuito, anche se la sua non era una domanda.

Matteo in verità la sera del primo incontro l’ascolta poco, e anche se con il tempo avrebbe desiderato conoscere ogni sua opinione – ogni meccanismo del suo cervello, ogni suo ricordo, ogni sua paura e ossessione – in quelle prime ore non pensa ad altro che al rossetto che lentamente si scolorisce con il tovagliolo, immaginandosi la consistenza delle labbra di Anna tra le sue e la forma dei suoi fianchi sotto il maglione.

Si aggiungono su Facebook e due giorni dopo Matteo le propone di vedere un film nel suo appartamento in via Santo Stefano, poco distante da quello che Anna condivide con una studentessa spagnola in Erasmus. È una domenica gelida, la notte prima è nevicato, ma il cielo è terso e il sole abbagliante.
Quel giorno fanno l’amore per la prima volta. Matteo le viene con tutto il peso sopra. Anna, schiacciata sotto il suo corpo, alza gli occhi verso la finestra e tende le braccia per afferrare con le mani la luce del sole che si versa sui loro corpi nudi. L’amore comincia così, pensa, in un qualsiasi pomeriggio pigro.

L’ultimo bacio se lo scambiano quasi tre anni dopo alla stazione di Pisa, dopo aver trascorso due giorni nell’appartamento di Matteo, di ritorno da un viaggio in Portogallo.
«Mi piacerebbe vivere con te – le dice mentre butta i vestiti a terra in mucchi bianchi e colorati.
«Dovrei trasferirmi a Pisa?»
«Se ti va, perché no»
«Ma che dovrei farci a Pisa? Tu hai lo studio di tuo padre. Ti laurei, cominci il dottorato e la pratica. Per te è facile»
«Potresti sempre trovare un lavoro qui»
«A Pisa? A fare cosa?»
«Forse è ora che cominci a decidere che cosa vuoi fare, non credi?»
«Ti odio quando fai così» taglia corto Anna.

Poche ore dopo, nel cuore della notte, si sveglia con la certezza di perderlo. Nel buio scavalca la sua parte di letto, lo stringe da dietro raccolto come un bambino. Alle prime luci dell’alba lui la guarda stupito.

«Stanotte mi hai abbracciato, » le dice
«Se non torni il tuo spazzolino lo conservo per sempre», aggiunge qualche ora dopo salutandola alla stazione.

Dopo cinque anni Matteo sorride dall’altra parte del monitor. È seduto in salotto – Anna riconosce il divano e la libreria sulla sfondo -, indossa un maglione verde bottiglia sopra il pigiama. Le piace l’idea di poterlo guardare in questa versione casalinga e dimessa, non ricorda di averlo mai visto con la barba così lunga.
«Ei» , Anna gli sorride dallo schermo
«Sei sempre in forma», risponde Matteo.
Anna sperava di sentirselo dire.

Quando Matteo mesi prima ha risposto per la prima volta al suo messaggio di auguri, Anna ha trattenuto il respiro per qualche secondo. Negli anni ha continuato a scrivergli in ogni occasione comandata: i compleanni, Natale e Capodanno. Su Facebook, ha visto comparire le foto della sua nuova ragazza, ha seguito i loro anniversari, gli annunci per la ricerca di un appartamento per entrambi, il primo e il secondo trasloco, la laurea di lei, la laurea di lui, quando un’estate sono andati in Vietnam e quando, l’estate dopo, hanno smarrito il gatto.
Dal canto suo lei ha avuto tre relazioni abbastanza importanti, e innumerevoli altre storie poco significative. In ognuno dei ragazzi che ha frequentato ha cercato, inevitabilmente e suo malgrado, qualcosa di Matteo: nel primo i lineamenti del viso, nel secondo la risolutezza, nell’ultimo il tono di voce, la forma delle mani e la sfumatura che assumevano i suoi occhi nelle giornate d’inverno.

Il pomeriggio in cui Matteo le risponde, si scrivono per ore. Alla fine Matteo le chiede una foto, e lei gliene manda una dove indossa una camicia da notte verde acqua con le spalline sottili, ha la testa un po’ inclinata e si inquadra solo metà del volto.
La mattina seguente, in uno stato che Anna intuisce febbrile, Matteo crea una cartella condivisa su Dropbox. Ci mette dentro le foto di Parigi seminate nell’hard disk, gli screenshot rubati nelle videochiamate, uno scatto di Anna svestita in vacanza e imbarazzata dopo la doccia, con un asciugamano in mano e la bocca semiaperta, e, infine, la foto che lei gli ha inviato la sera prima. Dopo quale ora Anna riceve una email con il link per accedervi.

Matteo Belli
a anna.lore

Vai a questo link. È una cartella nascosta, il nostro spazio segreto nell’etere di Internet. Puoi metterci quello che vuoi, quando ti va.

Nei giorni successivi, Anna aggiorna la cartella con dettagli delle sue giornate: la vista dal terrazzo di casa sua, la copertina di un libro, un selfie di lei con un gelato in mano.
«Mi piacerebbe rivederti nuda», le chiede una mattina mentre si trova in ufficio.
Anna va in bagno e dopo aver chiuso la porta a chiave, si scatta una foto un po’ sfocata senza maglietta e con la pancia tirata in dentro.
Quali sono le regole di questo gioco? Ci incontreremo prima o poi? Torneremo insieme? Potrebbe durare per sempre? Anna non smette di chiederselo. Si immagina invecchiare nella cartella condivisa e comincia a sembrarle assurdo. A tratti, invece, in questo spazio impalpabile intravede la possibilità luminosa di non lasciarlo mai più. Alla fine è lei a proporgli un incontro su Skype.
«Eccoci!»
«Sei solo?»
«Arianna è a casa dai suoi questi giorni»
«Come va con lei?»
«Sempre bene»
«Vi sposerete?», osa chiedere Anna
«Forse succederà». Poi aggiunge. «Ti dispiace?»
«Un po’. È sbagliato?»
«Non lo so…»
«Per l’estate che programmi hai?»
«Abbiamo prenotato un viaggio in Andalusia, poi andremo a casa dei genitori di Arianna»

Anna deglutisce e istintivamente si mette a cercare qualcosa di suo nella sala alle spalle di Matteo. Quante cose che la riguardano ha ancora con sé? Quanti oggetti durano cinque anni? Avevano comprato un divano letto e delle lenzuola da Ikea, quelle verosimilmente le aveva ancora, gli aveva regalato un poster di Effetto notte di Truffaut e molti libri che adesso cerca nella grande scaffalatura in legno.

«Ti ho detto che mi hanno fatto un contratto di ricerca?» , prosegue Matteo
«Fantastico. A Pisa?»
«Sì sempre qui, ormai non avrebbe senso andare altrove. Tu resti a Bologna il prossimo anno?»
«Se non succede nulla di nuovo direi di sì»
«Ti ho pensato spesso in questi anni», aggiunge infine.
Matteo alza le braccia per stiracchiarsi, poi inclina la testa e la guarda intensamente.
«E cosa hai pensato?»
«Che mi dispiace, spesso penso che non avrei dovuto lasciarti. Non ero pronta, ero sempre arrabbiata in quel periodo. Ti ricordi?»
«Io non ti avrei lasciata mai, lo sai questo vero?» Poi aggiunge. «È passato un sacco di tempo. Tu stai bene, no?»
«Certo, sì, sto bene»
«Ottimo» , Matteo recupera il sorriso, «Allora che facciamo?» , indugia qualche secondo, – …ti va di spogliarti?»
Anna sentiva che sarebbe potuto succedere ma adesso si sente improvvisamente poco bene. Si sforza di sorridere, poi si sfila la t-shirt.
«Vuoi che mi levi qualcosa anche io?»
Anna esita qualche istante. «Certo, vai»
«Ti andrebbe di toccarti?»

È nudo davanti a lei, ha gli occhi di sempre eppure ora le sembra di conoscerlo poco. Abbassa la telecamera per inquadrarsi meglio. Anna fa lo stesso, meccanicamente si slaccia i pantaloni e si mette a fuoco nel piccolo quadratino in basso a sinistra del suo schermo. La luce artificiale illumina male il suo corpo, si rende conto di avere la pelle d’oca.
«Sei così bella, Anna » ripete la voce metallica oltre lo schermo.
Quando Matteo non può vedere il suo viso, Anna guarda il soffitto. Ha gli occhi sgranati e le guance umide. Se non fosse del tutto fuori luogo avrebbe tanta voglia di dirgli Addio, amore mio.