Se esce il Re di Denari me ne vado a casa: Fante di Spade. Meglio, non avevo nessuna voglia di tornare a casa. «Finiscila di girare le carte, mi fai paura» mi fa Bruno, poi attacca la tv «guarda che trasmissioni fanno» indicando l’angolo in alto verso il soffitto. Due persone distinte discutono una davanti all’altra di gatti e cani e di abitudini animalesche. Il conduttore sorride ora a una ora all’altra. «I gatti non mi piacciono» dice Bruno «sono individualisti e profittatori. Tu come la vedi?» Se esce il Re di Denari Bruno mi lascia in pace: Due di Coppe, solo Due di Coppe. «Io non la vedo così. I gatti sono compagnoni alla fin fine» dico. «Ma che dici?» mi fa lui «i cani sono compagnoni, i gatti sono opportunisti. Ti dirò di più, i gatti sono sicuramente di destra». «Ma vattene. I gatti sono indiscutibilmente di sinistra. Prendi due gatti, mettili in una stanza con un tavolo e quattro sedie libere. Vorranno stare sulla stessa sedia. Non troveranno una soluzione, litigheranno e poi si separeranno. I gatti sono indiscutibilmente di sinistra». Bruno ne ha abbastanza e anche io veramente. Prende un toast e me lo indica, mi fa un cenno con la testa, come a dire se lo voglio ma io rifiuto, non ho fame. Forse mi vuole far consumare qualche cosa, non ha torto, sono seduto in questo tavolino da quattro ore e ho davanti a me sempre lo stesso bicchiere di vino rosso. Se esce il Re di Denari mangio il toast: Asso di Bastoni. Sei sfigato Bruno. «Ehi parlano di lui» accenna Bruno che ha cambiato canale e si è sintonizzato su Studio Aperto, ma forse si pente del gesto e fa per cambiare ancora «no fermo» gli dico «lascia, voglio sentire». Appoggia il telecomando sul bancone e resta anche lui a sentire. Non ci sarebbe proprio niente da sentire, sappiamo già tutto, e quello che non sappiamo non lo sapremo certo da Studio Aperto e nemmeno da nessun telegiornale del mondo. Se esce il Re di Denari il tempo si riavvolge e sparisce tutto: Quattro di Spade. Lo sapevo. Stanno dicendo un sacco di cavolate in tv. Non è vero che lo prendevano in giro a scuola, lo prendevano in giro ovunque. Non è vero che aveva problemi con i genitori, non ci parlavamo come non si parlano la quasi totalità degli adolescenti e dei genitori. Ci scambiavamo qualche opinione, qualche comunicazione. Non ci ha mai detto nulla della sua sofferenza, perché i giovani sono così: non raccontano ciò che può far male se sanno che chi li ascolta potrebbe non reggere le notizie. Silenzi per amore. Contro le urla della cattiveria. Se esce il Re di Denari il mondo smette di essere cattivo: Cavallo di Denari. Quanto ci sono andato vicino. «Quanto ci sono andato vicino Bruno» dico. Lui non mi risponde, mi guarda un attimo. Perché non lo dicono in tv che il peggio è iniziato con i social? Perché non attaccano mai i social. Gli regalai il telefono con Whatsapp per i messaggi. Dopo un anno me lo ha restituito, a me, che avrò al massimo otto o nove amici in tutto. Non lo voleva più «tanto non fanno altro che prendersi per il culo uno con l’altro» mi disse. Non capivo o non volevo capire. Perché gli adulti sono così: fanno finta di non capire ciò che sanno di non essere in grado di sostenere. Non gli chiesi altre spiegazioni. E sorseggio il vino rosso. Se esce il Re di Denari non son stato un fallimento di padre: Sette di Bastoni. Mi sembra corretto. Alcuni ragazzi intervistati, con le voci contraffatte, dicono un gran bene di lui. Sono riconoscibilissimi, il paese non è una metropoli. Ma non li ho mai visti con lui nemmeno prima dell’ultimo periodo. Non sapevo nemmeno si conoscessero. Magari saranno stati anche loro a soffiare sul fuoco. E che avrebbero dovuto fare d’altronde, siamo stati tutti giovani, e forse una volta era anche peggio. E nemmeno una volta i giovani e i genitori si parlavano. Mio padre non mi ha mai dato un granché di aiuto. Ma non siamo tutti uguali, dice mia moglie. Chissà dove sta ora. Se esce il Re di Denari entra mia moglie e si siede vicino a me e mi stringe le mani e mi guarda negli occhi: Fante di Coppe e io gli occhi li abbasso ancora un po’. Ma la porta del bar si apre davvero invece. Entra una ragazza molto bella, avrà diciotto anni, porta i capelli raccolti, sono capelli castani, robusti, vigorosi, spessi. Capelli così belli indicano una vita curata, buona nutrizione, affetto, crescita sana, buoni insegnamenti. La ragazza mi fissa, direi che mi cerca, e si siede davanti a me in silenzio. Se esce il Re di Denari mia figlia non mi dirà niente: Cinque di Spade. «Che ci fai ancora qua?» guardandomi negli occhi «mamma non si regge in piedi. Devi tornare a casa». Lo so che devo tornare ma non è ancora uscito il Re di Denari, vorrei dirle. L’ultima cosa che sento dalla tv è “tromba delle scale”. Anche su questo fanno confusione. Possibile che non sappiano ricostruire il suicidio di un adolescente? Non dovrebbe essere così difficile. Si è buttato dalla finestra. Ma forse sono io che non ho capito bene, perché le persone dentro la tv stanno ridendo e forse hanno cambiato argomento. Se esce il Re di Denari divento sordo e non sento più niente e nessuno: Tre di Denari. Troppo poco. Decisamente troppo poco. Gli occhi di mia figlia mi obbligano a finire il rosso. Chissà dove l’ha trovata tutta questa bellezza e questa fermezza. Non ricordo se sia stata sempre così. Possibile che avendo costantemente davanti agli occhi una persona ci si possa distrarre così tanto? Lei mi guarda in un modo davvero strano però. Mi vuole dire qualcosa. «È vero! Sono d’accordo con te». «Io non ho detto niente papà». «Molte volte tuo fratello mi avrà guardato in questo modo, ne sono sicuro. L’ho sempre saputo che era omosessuale ma non l’ho mai voluto sapere. Io che avrei potuto aiutarlo ho fatto finta di non capire, chi gli voleva fare del male invece aveva capito molto bene». Lei non dice niente e si incammina, mi alzo e la seguo. «Eh, bravo» fa Bruno «bevi un bicchiere in una giornata e me lo lasci anche da pagare». Per fortuna che esiste Bruno. Vado al banco a pagare e restituisco il mazzo. Finché Bruno intasca l’euro mescolo al volo e alzo la prima carta: Re di Denari.
10 carte
Massimiliano Righetto è nato a Mira (VE) nel 1971. Attualmente vive e lavora a Padova. Ai tempi dell’asilo, per farsi grande con le maestre, inventa una balla. La fanno diventare una storia. Gli piace e in più gli dicono bravo! Così, nel tempo, le balle si moltiplicano e le storie pure.
Ha scritto fiabe per bambini, racconti di vario genere, ha collaborato al diario di viaggio Il Vento tra i raggi (2008), ha scritto i romanzi Emmedì (2010) e Il Contrario di Polvere (2013).