Uno dei fondamenti educativi della mia infanzia è stato: trova un buon lavoro in modo da poter mandare all’aria il tuo matrimonio. Finché c’è stato tempo mia madre ha detto cose del genere, di solito mentre mi mostrava come depilarmi le gambe.
Potresti dover lasciare tuo marito e potresti essere senza lavoro, nell’arco della stessa settimana. Perché una donna può anche non lavorare nella nostra sporca società patriarcale, tesoro mio. Ma se non vuoi rimanere fottuta, trova un buon lavoro e forse è il caso che ti spieghi cosa sono i contributi.
Ecco mia madre.
Dopo avermi partorito mi ha allevata in modo da poter affrontare una molteplicità di situazioni: non Le Avversità, non Le Difficoltà, piuttosto Le Cose. Sono cioè potenzialmente capace di tutto, perché mia madre non mi ha insegnato nient’altro che essere pronta all’evenienza, cioè qualcosa che è insieme molto specifico e molto generico, qualcosa nell’affrontare la quale vale tutto e vale solo uno stratagemma specifico, contemporaneamente, in un clima di tracollo nervoso e grandissimo divertimento per grandi e piccini.
Trova lavoro e manda all’aria il tuo matrimonio.
Ma anche trova un lavoro che ti permetta, con cadenza almeno bimestrale, di indossare un abito da sera decorato di lustrini. Potrebbe essere un motivo altrettanto valido.
Non c’è niente di meglio che essere pronti alle Cose così come ci si presenteranno, cioè per lo più in forma di vortice apocalittico ricco di merda e privo dei collegamenti razionali a cui ci aggrapperemmo per trovare il senso del nostro starci in mezzo.
Tramite generiche lezioni specificissime mia madre mi ha preparato al vortice di merda casuale. Sono la Campionessa del Vortice di Merda Casuale.
Poi lei stessa è diventata Vortice neotestamentario: scoprite le gambe, dunque, e prendete i vostri rasoi perché adesso anch’io sono in grado di prepararvi a un’evenienza. Mi sembra una buona azione, tipo punti karma o condivisione delle competenze. Questa cosa potete chiamarla come volete, io la chiamerò
Guida alla morte per ragazze perbene.
Questa guida non parla di morti violente, improvvise, di omicidi estivi, morti premature, morti di infanti, perché una percentuale non considerevole di ragazze perbene ci si trova nel mezzo. Qualora dovesse capitare, la ragazza perbene troverà la soluzione migliore per il suo caso specifico. Dirò la mia: una volta una persona è morta davvero prematuramente in maniera davvero violenta e io sono corsa a farmi lo shampoo e ho pianto a testa in giù nella vasca.
Più spesso capita invece che noi ragazze perbene conviviamo con persone che iniziano a morire.
Ecco.
Nel caldo abbraccio di una famiglia affettuosa e presente qualcuno decide che si è rotto il cazzo della nostra compagnia. Questa guida parlerà di quando le persone si rompono il cazzo e decidono di morire.
Ogni persona muore. Il corpo è un gigantesco fail che sposta ogni volta in avanti il limite del suo stesso essere fail. Non è vero che tutti stiamo già morendo, adesso, proprio ora, in questo momento: si inizia a morire da un punto in poi e prima nessuno si era posto il problema. Nessuno si era posto il problema. Non ha proprio senso eppure non sarete in grado di evitarlo, nemmeno se siete razionali per formazione filosofica. Davanti al pubblico incredulo – audience alle stelle – ogni persona a un certo punto inizierà a morire e morirà in maniere spesso orribili, che sposteranno ogni volta un po’ più in là l’idea di orribile che vi siete fatti.
Ecco il primo avvertimento. Progettate sempre sufficiente spazio accanto al letto: sono stati tutti giovani, e si meritavano molto amore o molto odio, ma poi finiscono tutti nello stesso letto sporco e si meritano il comodino carico di medicine.
Le persone che iniziano a morire si ammalano. La malattia è, per sua stessa natura, la Sovrana del vortice casuale di merda: imprevedibile, mille facce, colpisce sotto la cintura il malato e tutti quelli che gli stanno attorno. Inoltre porta con sé una certa atmosfera gotica di presagio, un certa aria di destino che s’ha da compiere. Tira lontano, ma comunque visibile, la linea del traguardo: una bella linea nera lutto che spicca deliziosamente sull’arancione bruciato della pista.
Le persone che si ammalano sono le persone di sempre ma sono anche qualcun altro. Questo perché molto spesso il fail del corpo va di pari passo con quello della mente e viceversa, e non si sa più da cosa è nato cosa. A volte la persona malata si è rotta talmente il cazzo di noi che inizia a comportarsi come se fossimo qualcun altro: la filippina che pulisce casa, la cognata, il marito, un ladro entrato per rubare i gioielli. Tutto con la stessa hollywoodiana intensità.
Imparate pertanto a entrare e uscire dalle molteplici personalità che vi attribuiranno, un lavoraccio che non terrà conto del vostro percorso di studi o delle vostre skills recitative. Siate pronte a scucirvi e cucirvi innumerevoli volte al giorno, nei punti del corpo che più fanno male.
Il secondo avvertimento: guardate molti film e serie tv sull’apocalisse zombie nel caso in cui doveste prendervi cura di un malato che non vi riconosce più.
Le persone che muoiono esibiscono un disturbante uso della parola, indipendentemente dal fatto che la mente abbia abbandonato o no il corpo.
Uno snello elenco di affermazioni disturbanti, suddivise nelle due macrocategorie più comuni:
Affermazioni e azioni grottesche
Il malato può: esprimere il desiderio di partire per un lungo viaggio insieme al comodino; chiedere delle forbici per suddividere un fazzoletto di stoffa tra gli eredi; voler vedere la televisione e aver dimenticato da che parte del letto si trova l’apparecchio; aver disimparato a leggere l’ora; sostenere di essere nel 1955.
Affermazioni e azioni cattive
Il malato può: rimpiangere di avervi messo al mondo/essere imparentato con voi; gettarvi oggetti addosso di proposito; accusarvi di essere incapaci di compiere le più basilari azioni; incolparvi della sua malattia; augurarvi di morire allo stesso modo, il più presto possibile.
Il terzo avvertimento: non sarà stato tempo sprecato quello passato a inventare da bambine storie fantastiche nella vostra cameretta, perché potreste dover immaginare universi paralleli dominati dai comodini. Non sarà stato tempo sprecato nemmeno quello dedicato all’approfondimento della pratica meditativa attraverso l’Om, poiché il sacro suono primordiale risulta efficacissimo nell’estraniamento dalla realtà.
Quarto avvertimento: un’infarinatura di narratologia e tecniche cinematografiche sarà utile per apprezzare l’oggetto bizzarro in cui la vostra esistenza si è trasformata. Il regista ha ordinato al responsabile del set di eliminare tutti i vasi di fiori e sostituirli con delle ben più espressive bombole di ossigeno. Lì bene in vista, colpite dalla luce della finestra. Diamo un’aria di vita quotidiana che arranca con difficoltà fino al giorno dopo! Mescoliamo registri e stili, tipo: il caricabatterie del Samsung vicino al gorgogliatore, la bolletta Infostrada nascosta da un foglietto illustrativo spiegato sul tavolo come una tovaglia – si perderà tra le carte e arriverà un sollecito di pagamento perché a Infostrada non interessa che una persona in meno userà il telefono. Sulla lavagna magnetica attacchiamo, coprendo una vecchia lista della spesa e una cartolina di Londra, un appunto tremolante del medico Si consiglia ricovero (incomprensibile), stato di pronunciata (incomprensibile), demenza aggravata dalla neo(incomprensibile), (incomprensibile) degenza.
Buona la prima, gente. Siamo dei fighi.
Vorrete che solo personale medico altamente specializzato faccia uso del linguaggio tecnico. Diffidate dai babbani che chiamano le cose con il proprio nome.
Tumore.
Progressivo indebolimento.
Pleura.
Cancro.
Tumoretumoretumore.
Diffidate sempre da quelli che sfidano la parola tumore alla luce del giorno. Non accettate questo osceno sfoggio di forza e stabilità fasciste.
Mento alto e onore, i fascisti veri non temono il tumore!
Non fidatevi nemmeno di quelli che usano i giri di parole.
Aveva un brutto male.
È tornato alla casa del Padre.
Quinto avvertimento: se non sarai mai medico perché ti fa schifo il sangue, allora diventa una cultrice delle lettere e della lingua italiana in modo da poter dire senza paura che una persona era malata ed è morta: semplice e veritiero. Trasparente come la soluzione fisiologica.
E poi diffidate dei fascisti, ma questo vale sempre.
Ecco, la morte. Ciao. Una volta vicina è sempre uguale e sempre peculiare, come tutto il resto, come mi ha insegnato mia madre, come mia madre. Uno può riunirsi una sera con gli amici e fare a gara sulla morte peggiore ma la sostanza è quella, e alla fine vinci un cadavere che già ti apparteneva, e comunque fare a gara non è elegante.
Tutto considerato si tratta di un evento piuttosto privo di poesia. Smetti di fare una cosa che avevi iniziato a fare per caso. Parecchie firme. Consistenti trasferimenti di denaro. Nel mezzo un corpo e la sensazione che, nonostante l’evidenza e la banalità, stia succedendo qualcosa di importante. La ragazza per bene saprà sfruttare gli ampi margini di manovra.
Vuoi tenere la mano alla Persona che Muore? Tienigliela.
O fingere che non stia succedendo nulla, o analizzare il decorso della malattia, o parlarle come a un bambino, o come se non fosse malata, o piangere, o stare più asciutta del deserto californiano, e poi vestirti di rosso al funerale, ma anche rimanere a casa con le repliche di Una mamma per amica e nasconderti alla furia dei Quattro Cavalieri mentre i parenti procedono alla sepoltura, oppure vuoi optare per la cremazione – le persone grasse ci impiegano di più a bruciare, ti spiegheranno: c’è stato tempo a sufficienza per dimagrire, risponderai – e starai poggiata al cofano dell’auto per ore, pensando a una serie di dettagli assolutamente inadeguati alla solennità del momento – potresti addirittura sfiorarti il ginocchio liscissimo che sporge dall’orlo della gonna o calcolare quanto devono aspettare quelli in fila prima di te solo in base alla foto dell’uomo robusto che continuano a passarsi l’un l’altro – e d’un tratto ti ritroveresti in autostrada a spargere le ceneri, o al parco, ma non in mare perché non sapeva nuotare. Vuoi avere il ricordo più recente possibile della Persona che è Morta anche se significa vedere i tubi e i lividi e il materasso sporco e gli occhi che ti guardano e non ti vedono e quelle stramberie di chi inizia stufarsi e andarsene via. Vuoi avere il ricordo più lontano, magari solo una settimana prima, quando ti faceva ridere o innervosire e la mandavi affanculo e lei ti rispondeva con una bestemmia creativa: è tutto ok.
Ė tutto ok.
Il Gran Trapasso è lì, sei arrivata al traguardo, puoi toccarlo con le dita e farci quello che vuoi e, se ti sarai preparata con attenzione, dopo un po’ ti sarà alle spalle e ti prometto che nessuno si farà male.